Dove risuona la musica che ho dentro,
la melodia che mi fa ballare tra le cose.
Ascoltare
è uno sguardo aperto,
indulgente e assorto.
È un ponte
gettato verso gli altri
dove andarsi incontro
a metà strada.
È l’attenzione
a ciò che non si dice
a ciò che non si scrive,
ai battiti di ciglia
e ai brividi a fior di pelle.
Ogni cosa si carica del suo proprio sentire.
Come le onde,
che si caricano di distanze immense,
dei raggi del sole,
della profondità della notte,
della furia della tempesta.
Ti raccontano di quando e quanto sono diventate alte
e di come, poi, sono diventate piccolissime,
fino ad arrivare a te.
E tutto è contatto,
e tutto è,
ancora,
incontro.
Close-up di un’orchidea Phalaenopsis e Vitty “Sunset with the Queen”
a metà strada.
È l’attenzione
a ciò che non si dice
a ciò che non si scrive,
ai battiti di ciglia
e ai brividi a fior di pelle.
Ogni cosa si carica del suo proprio sentire.
Come le onde,
che si caricano di distanze immense,
dei raggi del sole,
della profondità della notte,
della furia della tempesta.
Ti raccontano di quando e quanto sono diventate alte
e di come, poi, sono diventate piccolissime,
fino ad arrivare a te.
E tutto è contatto,
e tutto è,
ancora,
incontro.
Close-up di un’orchidea Phalaenopsis e Vitty “Sunset with the Queen”
Ricordare,
gironzolare dalle parti del cuore
con un retino per farfalle,
circondati da una nube quantistica di gioie e dolori
e non poterne conoscere
contemporaneamente
il nome e la distanza.
Ambire
ad essere una farfalla
intorno al cuore
di chi si ama.
e non poterne conoscere
contemporaneamente
il nome e la distanza.
Ambire
ad essere una farfalla
intorno al cuore
di chi si ama.
Talvolta è urgente tornare all'essenza. E allora mi metto in ascolto, silenzioso e totale, di ciò che ho dentro. Perché questo avvenga, mi devo allontanare da tutto ciò che fa rumore, così parto
Il mio luogo preferito è l’isola. Ogni volta scelgo un’isola nuova. Ed ogni isola ha I suoi argomenti. La scelta non è mai casuale, né mai ragionata. Attorno ho il mare, le sue onde che depositano tesori di storie lontane. Il vento, inquieto, di una sincerità che non fa sconti. La sabbia, che dischiude universi di colori. E, quando sono lì, non devo fare altro che aprirmi, lasciare che la materia si riveli, la forma si posi, il colore parli. E poi c’era Mario sulla spiaggia, il carpaccio di casa, il blu negli occhi… E anziché disegnare, accolgo una visione. Anziché fare, incontro pezzi di me nelle cose e ci trovo riflessa la mia storia. Talvolta è urgente immergermi in tutto questo mare, per ballare.
Vitty “Ultimo Tango a Parigi” e il cielo della Sardegna dal nuraghe “La Prisgiona”.
Il mio luogo preferito è l’isola. Ogni volta scelgo un’isola nuova. Ed ogni isola ha I suoi argomenti. La scelta non è mai casuale, né mai ragionata. Attorno ho il mare, le sue onde che depositano tesori di storie lontane. Il vento, inquieto, di una sincerità che non fa sconti. La sabbia, che dischiude universi di colori. E, quando sono lì, non devo fare altro che aprirmi, lasciare che la materia si riveli, la forma si posi, il colore parli. E poi c’era Mario sulla spiaggia, il carpaccio di casa, il blu negli occhi… E anziché disegnare, accolgo una visione. Anziché fare, incontro pezzi di me nelle cose e ci trovo riflessa la mia storia. Talvolta è urgente immergermi in tutto questo mare, per ballare.
Vitty “Ultimo Tango a Parigi” e il cielo della Sardegna dal nuraghe “La Prisgiona”.
Sognare,
fantasticare,
perdersi fra le nuvole.
E nel sogno,
incontrare idee
ai margini estremi della realtà.
Un gioioso vagheggiare
andando incontro al caso
a passo di mazurka,
in cui la via più breve tra due cuori
è l’arabesco.
Uno scorcio di Lucia “Rapsodia in blu” e Casper “Jonquil AB”
ai margini estremi della realtà.
Un gioioso vagheggiare
andando incontro al caso
a passo di mazurka,
in cui la via più breve tra due cuori
è l’arabesco.
Uno scorcio di Lucia “Rapsodia in blu” e Casper “Jonquil AB”
Capita sempre a chi, da fuori, guarda dentro una finestra aperta di vedere un paesaggio infinitamente più sterminato di chi invece guarda verso l'esterno. Non c'è spazio più profondo, ricco e misterioso
di una stanza arredata, vissuta e temporaneamente disabitata. Tutto ciò che giace sotto la luce della stella che chiamiamo Sole è infinitamente meno interessante di ciò che succede dietro una tenda. Quando il vento smette di essere complice e congiura per svelarne il mistero. Quando il vecchio e accalorato tungsteno della lampadina o – buoni ultimi – i freddi e cinici diodi dei led, spiano la vita al mondo di fuori, in un magico teatro delle ombre. Quella vita che sognavo, che soffre, che gioisce e che, fatalmente, vive.
Lo spazio espositivo di Milano, presso il nostro show-room di Massimo Bonini in viale Manzoni.
di una stanza arredata, vissuta e temporaneamente disabitata. Tutto ciò che giace sotto la luce della stella che chiamiamo Sole è infinitamente meno interessante di ciò che succede dietro una tenda. Quando il vento smette di essere complice e congiura per svelarne il mistero. Quando il vecchio e accalorato tungsteno della lampadina o – buoni ultimi – i freddi e cinici diodi dei led, spiano la vita al mondo di fuori, in un magico teatro delle ombre. Quella vita che sognavo, che soffre, che gioisce e che, fatalmente, vive.
Lo spazio espositivo di Milano, presso il nostro show-room di Massimo Bonini in viale Manzoni.
l cielo è blu, il mare è blu: sembra la cosa più ovvia del mondo. Eppure non è sempre stato così. Sfumature a parte, i nostri antenati (antichi Greci, Arabi ed Ebrei) sembra che non conoscessero il colore blu. Nell'800, lo studioso William Gladstone
notò che nell’Odissea Omero parla di un oceano “scuro come il vino” e di altre sfumature lontane dalla definizione di blu. Anche le antiche lingue hindi, cinesi ed ebraiche, non menzionano mai questo colore. La prima civiltà a parlare del blu fu quella degli Egizi, che usava tinture blu negli affreschi e per i trucchi. Ovviamente questo non vuol dire che i nostri antenati non vedessero ciò che vediamo noi, ma che, molto probabilmente, finché non hanno avuto una parola per descriverlo, non ne avevano consapevolezza. Insomma, le cose iniziano ad esistere davvero quando diamo loro un nome. Nei nomi degli oggetti e delle persone si nascondono storie e caratteri, ed è per questo che le nostre borse ne hanno tutte, sempre, uno preciso.
La Big Wave in blu “Ortigia” e smeraldo “Teulada”.
notò che nell’Odissea Omero parla di un oceano “scuro come il vino” e di altre sfumature lontane dalla definizione di blu. Anche le antiche lingue hindi, cinesi ed ebraiche, non menzionano mai questo colore. La prima civiltà a parlare del blu fu quella degli Egizi, che usava tinture blu negli affreschi e per i trucchi. Ovviamente questo non vuol dire che i nostri antenati non vedessero ciò che vediamo noi, ma che, molto probabilmente, finché non hanno avuto una parola per descriverlo, non ne avevano consapevolezza. Insomma, le cose iniziano ad esistere davvero quando diamo loro un nome. Nei nomi degli oggetti e delle persone si nascondono storie e caratteri, ed è per questo che le nostre borse ne hanno tutte, sempre, uno preciso.
La Big Wave in blu “Ortigia” e smeraldo “Teulada”.
Quando l'arte, sollevata dal peso del senso, si fa oggetto per la moda. E quando l'oggetto, liberato dal destino della funzione, coincide con l'arte. Mundus Muliebris, ovvero “nessun messaggio da recapitare”. È un progetto, un incontro “d’amore” con l’arte di Patrizio Di Massimo. Le “Carmen con mano” si vestono dei disegni e dei colori dell’artista, in un rapporto di simbiosi tra arte e moda. Entrambe, solo e soltanto insieme, vivono un convegno amoroso di pura relazione, ovvero diventano puro ornamento. Senza un messaggio da lasciare al mondo, ma senza rinunciare ad una precisa funzione. Oggetti affatto necessari. Incontri totalmente indispensabili.
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